Il primo pensiero, le prime parole di questa mia ultima relazione da presidente del Comitato di Ferrara, non possono che essere rivolte a chi ci ha lasciato. Alle famiglie, agli amici di chi non c’è più.
In primavera da queste parti ci siamo anche raccontati di essere una provincia “immune”. Non era così, non è stato così.
Lo dico senza polemica a tutti i dubbiosi che hanno pericolosamente sottovalutato la situazione dopo il primo lockdown, l’importanza dell’uso delle mascherine e del distanziamento organizzato.
Il problema non è mai stato tanto (o soltanto) il coronavirus ma la congestione del sistema sanitario, quindi conseguenti ritardi ed i problemi nella medicina ordinaria, quella che serve i malati di tutte le altre patologie, le persone più fragili nel momento più difficile.
Anche per questo vi chiedo, con me, di dedicare un pensiero affettuoso all’amico e fratello Valeriano Mantovani.
Il secondo pensiero va a tutti i lavoratori. In particolare i nostri lavoratori, quelli del mondo sportivo. Quelli che nella stragrande maggioranza dei casi, per il nostro ordinamento, non possono essere considerati professionisti dello sport.
Non era scontato che il Governo si ricordasse di loro la scorsa primavera.
Il riconoscimento degli 800 euro ai cosiddetti collaboratori sportivi ha fissato un punto: da quel momento l’ipocrisia consentita e tollerata dall’ordinamento è -almeno parzialmente- venuta meno. Nel disastro epocale causato dalla pandemia al mondo sportivo questo passaggio è importante e mi preme ricordarlo: i professionisti dello sport non sono solo i Lukaku, i Nibali o le Federica Pellegrini (donne e professionismo nell’Italia 2021, vogliamo parlarne!?). Dalla primavera scorsa almeno nella testa di diverse persone nel Governo e nel parlamento si è posto il tema del lavoro sportivo.
Non dimentichiamocene. perchè i dati sulla disoccupazione causati dal Covid nel mondo sportivo saranno difficilissimi da leggere nelle statistiche ma sono disastri autentici nelle vite di persone e di famiglie che da marzo non hanno più alcuna certezza.
Un pensiero va poi a tutti quelli che rivestono ruoli di responsabilità. Dal presidente della ASD all’Amministratore pubblico, dal gestore di un Circolo agli amministratori delle imprese del mondo sportivo o del terzo settore. Anche questi sono lavoratori.
In questi anni ci siamo spesso interrogati sull’adeguatezza della nostra azione e sul senso del nostro lavoro, sull’attualità delle nostre organizzazioni e delle stesse istituzioni sportive.
Abbiamo vissuto l’11 settembre e le sue conseguenze…
La crisi finanziaria del 2008 e non ultimo, da queste parti, il terremoto.
E nonostante questo, dovessimo essere davvero onesti con noistessi, dovremmo ammettere che accettare la sfida di questa epoca nuova metta letteralmente i brividi.
Oggi è del tutto evidente come questa pandemia abbia portato al pettine tutti i nodi delle contraddizioni storiche dei nostri sistemi, nazionali, locali, interni ed esterni, e ci costringa a riconoscerli e a scioglierli.
Nodi, da sciogliere. Che esigono prima di tutto pazienza, calma, poi anche intelligenza.
Oggi senza questa pazienza, questa intelligenza, non possiamo essere attori capaci di risolvere i problemi, saremo al contrario agenti che aggravano, pericolosamente, la situazione. Spero abbiate tutti ben presente come, senza questo sforzo immane di pazienza, se accuratamente manipolati, potremmo tutti ritrovarci ad emulare le follie viste l’altro ieri a Capitol Hill.
Il disastro per il mondo sportivo è epocale. I nodi enormi. Chilometrici.
Nel caso specifico l’unità di misura non è metrica ma economica. Ci siamo già detti che la metafora non è felice ma quella che abbiamo vissuto ha gli effetti economici di una guerra di scala globale.
Siamo tutti consapevoli che il mondo che ci aspetta, non sappiamo quando, alla fine dell’emergenza sanitaria sarà profondamente mutato. E’ già irrimedibilmente mutato.
Avremmo dovuto usare e possiamo ancora usare questo tempo per domandarci che lezione intendiamo trarre da questa crisi: quali le distorsioni da correggere e gli errori da non ripetere, quali i punti di forza e i valori da cui vogliamo ripartire.
Le scelte operate a diversi livelli di Governo, tanto in primavera quanto in questa seconda fase dell’emergenza sanitaria, hanno disegnato -a mio avviso- la peggiore delle sconfitte possibili per il mondo sportivo: le scelte e le discussioni polemiche attorno ad esso – una su tutte quella dei runner untori- hanno rivelato una concezione davvero inaccettabile dello Sport sul piano culturale prima che politico. Forse non ci siamo fermati abbastanza a riflettere sul ruolo dell’educazione fisica nei percorsi scolastici che già era marginale e che è stato ulteriormente umiliato dalle ordinanze di contenimento del virus. Non possiamo infatti dimenticarci come non soltanto i centri sportivi o le piscine, non solo gli sport di contatto, ma tutte tutte tutte le attività motorie sono state colpevolmente consegnate dal volgo impaurito a pratiche pericolose, alla stregua di attività commerciali quali bar o discoteche.
Ulteriore riprova del problema culturale è -ad esempio- la totale assenza della parola Sport nel dettagliato rapporto “Italia 2020-2022” consegnato al Governo Italiano dal Comitato di esperti presieduto da Vittorio Colao.
Anche per questo sentiamo nelle società sportive la voglia di costruire la riscossa, proprio a partire delle nostre idee di Sport quali parti integrante di un sistema di welfare avanzato.
Lo Sport non è una semplice attività ricreativa, non può essere confinato li: a dobbiamo evolvere l’equazione “sport = tempo libero” in “Sport = spazio di vita”.
Anche in questo freddo inverno, dopo averlo fatto online ed all’aperto in primavera, abbiamo il dovere di difendere e riaffermare il Diritto al Movimento ed il Diritto al Gioco, per tutti anche se a condizioni nuove, coerenti col contrasto alla diffusione del virus.
L’attività motoria proposta dalle nostre polisportive, le ginnastiche all’aperto sui campi da calcetto, le Running School o il giocobici, lo Skatepark o il footgolf che ci siamo inventati, rappresentano un presidio di salute pubblica, veicolo di benessere psico-fisico doppiamente importante nel contesto di semi-confinamento che stiamo sperimentando al cambio di colore delle nostre regioni.
Ricordiamo a tutti che le reti sociali animate dalle nostre associazioni di base sono state il primo strumento nella lotta alle diseguaglianze, nella contrasto alla solitudine e alla tutela delle fasce deboli (bambini, disabili, anziani).
VERSO LA RIFORMA
La crisi SARS-CoV-2 ci consegnerà un Paese già colpevolmente in ritardo negli investimenti ed io temo anche incapace di tradurre gli strumenti di finanziamento europei in azione capaci se non di colmarlo quantomeno di recuperarlo. Ad ogni livello, dal piccolo comune allo stato centrale dovremmo lavorare quotidianamente affinché nella definizione delle Politiche Pubbliche la voce Sport (sottinteso come sport-sociale) possa finalmente trovare riconoscimento, ossia finanziamenti con capitoli dedicati nelle leggi di bilancio dello stato, delle regioni, dei comuni.
Serviranno scelte, piani pluriennali e programmi organici che guardino al futuro e non alla restaurazione.
La scelta della UISP di accreditarsi anche nella rete del Terzo Settore rappresenta un’alleanza più credibile rispetto a quelle con gli attori sportivi tradizionali nel richiedere una Politica integrata per la salute e il movimento.
Noi siamo ancora testardamente ed autenticamente convinti che Coerenza ed Etica rappresentino la sfida da vincere cambiare davvero faccia al nostro malandato Paese.
Prima di rituffarci nel “faccio quello che facevamo prima” interroghiamoci: “di cosa hanno bisogno, oggi, le nostre comunità?”.
Per intercettare vecchi e nuovi bisogni servirà il coraggio di ridefinire alcuni concetti senza ambiguità o ipocrisie: quante volte ce lo siamo detti? noprofit/mercato, welfare/impresa, socio/cliente, cittadino/consumatore, volontario/professionista, informazione/marketing, sono solo alcuni esempi di dicotomie che esigono di essere aggiornate per aprire opportunità più ampie nel pieno rispetto dei valori che ci hanno sempre contraddistinto.
RIPENSARE IL MODELLO
Mentre la lunga transizione istituzionale che ha visto -di fatto- il superamento delle province, le unioni o le fusioni dei comuni piccoli o grandi, le riorganizzazioni di molti servizi o delle strutture socio-sanitarie, per non parlare di Università, di CCIAA fino ai a servizi per il volontariato, le nostre associazioni non hanno ancora affrontato consapevolmente il nodo del modello.
Come già avvenuto in altri ambiti, anche il nostro mondo è chiamato ad interrogarsi su quale sia l’ambito territoriale ottimale per l’erogazione dei nostri servizi: troviamo necessario mantenere (o persino aumentare) una capillarità che permetta un rapporto diretto e costante con il territorio ma al contempo è necessario o persino indispensabile unire alcune competenze ed esperienze eccellenti, fruibili da tutta la rete delle associazioni su aree vaste.
I rapporti costruiti in questi anni fra il nostro Comitato e agli amici di Reggio Emilia nella gestione dal piccola piscina di quartiere di via Pastro, ha rappresentato per noi un esperimento riuscito. Gran parte della sfida della UISP nei prossimi mesi di ricostruzione penso si misurerà nella capacità di costruire reti efficienti di servizi, di imprese, di competenze con e per le società sportive.
Esiste inoltre un problema di formazione dei gruppi dirigenti. Non dobbiamo nasconderci e non possiamo rimandarlo: il fatto che si tratti di un problema diffuso e trasversale a diversi livelli nelle nostre comunità, dai partiti fino alle più alte istituzioni, non può in alcun modo costituire un alibi.
Consapevoli di questo, seguendo l’esperienza aperta dalla UISP regionale abbiamo avviato, anche a Ferrara, un percorso formativo per dirigenti che ci consente di arrivare a questo congresso, nonostante le innumerevoli incognite consegnate dalla pandemia, con alcune preziose certezze per il nostro comitato. Molte delle disponibilità che abbiamo raccolto per costruire i prossimi gruppi dirigenti della nostra associazione vengono da li. Colgo l’occasione, anche a nome di molti altri più o meno giovani, non solo ferraresi, per ringraziare Fabio Cola per l’aiuto che ha fornito con il suo lavoro, alla nostra associazione.
Lo sportpertutti oggi è di tutti.
É una battaglia culturale che abbiamo vinto e dobbiamo rimetterci in cammino, intercettando e promuovendo stili di vita, esperienze, emozioni che oggi vanno ben oltre lo sport legale: lo sportpertutti è ancora la frontiera del welfare e dei diritti di cittadinanza, soprattutto nel nostro paese che non perde occasione per confermare la sua arretratezza culturale.
Anche nella nostra provincia, la variegata galassia di associazioni che rappresentiamo, le attività che organizziamo, gli eventi che intercettiamo è già anche molto altro: ben oltre le formule delle piattaforme CONI e le convenzioni spesso vessatorie con le federazioni.
Uno dei pochissimi aspetti positivi di questa crisi sanitaria è che per la prima volta da quando ho messo piede alla UISP vi risparmierò completamente la “pezza di Balestra” sull’importanza degli strumenti digitali anche per la nostra organizzazione. Non c’è congresso o assemblea in cui non sia intervenuto per sottolineare il ritardo, oggi non ne ho bisogno: a partire da questo strano congresso fatto interamente online abbiamo accettato l’idea che SI PUO FARE e siamo finalmente diventati esigenti anche su questo aspetto dei nostri servizi.
Come dicevo prima, questa è la mia ultima relazione da presidente del Comitato. Il vincolo statutario dei mandati ci impone ogni 8 anni di rimettere tutto in discussione.
Questa scelta è vitale. Lo dico ai nuovi eletti, alla prossima Presidente, a tutti voi.
Abitiamo un mondo fatto di figure eterne, inamovibili a volte persino padronali e che invece ha bisogno di essere attrattivo, aperto e contendibile.
E’ faticoso, è costoso ma è la cosa giusta da fare.
Chiudo con un saluto ed un ringraziamento, alla UISP di Ferrara, a Manuela Claysset che nel lontano 2007 mi ha chiamato a fare le classifiche della Lega Ciclismo al posto di Tommy nell’ufficio di Lello e che nel 2011 ha convinto il consiglio provinciale ad investirmi della carica di presidente.
Grazie a questo ruolo ho avuto l’onore di rappresentare la UISP in molteplici e diverse situazioni: nelle assemblee delle leghe di attività, nei consigli delle polisportive, nelle consulte territoriali di diversi comuni, negli organismi del CONI, nei CdA delle aziende partecipate fino al nostro consiglio nazionale.
Grazie ad Antonella che è stata una presenza costante, una suggeritrice attenta, una collaboratrice straordinaria.
A Patrizia, Rossella, Cristiana per la forza con cui hanno sempre affrontato i problemi e le difficoltà in particolare degli ultimi mesi.
Ai dipendenti più giovani e a tutti i collaboratori ed educatori che rappresentano insieme ai responsabili delle strutture di attività il vero motore della nostra associazione.
Ad Andrea, Biagio, Giancarlo e Davide con cui abbiamo condiviso progetti ambiziosi e cocenti delusioni.
Ad Eleonora, che in questi ultimi anni mi ha aiutato e sostenuto anche quando non lo meritavo, a cui rivolgo un sincero in bocca al lupo per la sfida grandissima che, insieme al nuovo gruppo dirigente, ha di fronte a se. Non sarai sola, abbiamo davanti un grande lavoro, tutti insieme, uniti, organizzeremo la ricostruzione.