Ieri ho avuto l’occasione di partecipare ad un incontro con il Prefetto di Ferrara ed il Sindaco della mia Città. L’incontro, che per la verità era stato organizzato già da qualche settimana, doveva servirci a sciogliere tutti i dubbi raccolti dagli organizzatori di manifestazioni sportive (soprattutto podistiche e ciclistiche) sulla base di un ordinamento in costante trasformazione per via della pandemia, ma dopo l’ultimo DPCM si è trasformato in un’occasione anche più importante di aggiornamento sulla situazione.
Non ho ragione di nascondere che avevo aspettative molto diverse sull’incontro di ieri: è parso chiaro fin dalle prime battute quanto il mondo sportivo di base che tento di rappresentare sia ancora -forse per sua stessa natura- molto lontano, a partire dal linguaggio prima ancora che nelle pratiche, dalle istituzioni che per definizione non possono che muoversi secondo schemi burocratici molto stringenti e precisi, a maggior ragione in questa fase delicatissima.
Dopo circa un’ora di confronto l’obiettivo di avvicinare interlocutori istituzionali disponibili anche scendere nel dettaglio dei protocolli, delle tipologie di attività e di manifestazioni covid-compatibili, per discutere prima di tutto dell’opportunità o meno di alcuni indirizzi strategici da prendere nelle prossime settimane è stato raggiunto anche se, in qualche modo, rimandato.
E’ attraverso la Prefettura e la Consulta dello Sport (del Comune di Ferrara, ma che riunisce rappresentanti di enti di livello provinciale) che riuniremo i rappresentanti di tutte le Autorità di Pubblica Sicurezza, della Questura e dei VVFF, oltre ai rappresentanti delle Istituzioni Sanitarie e Scolastiche per condividere ipotesi di lavoro e prossimi scenari dell’imminente futuro da trasferire alle società sportive. Dovremmo arrivarci più preparati del solito, e soprattutto già pronti ad immaginare e organizzare la fase successiva a questa seconda ondata, giocandocela meglio di quanto non sia stato fatto sin d’ora. Oggi abbiamo il vantaggio di sapere già molte cose: dobbiamo dimostrarci in grado di non ripetere gli stessi errori delle fasi 1 e 2 e non perdere tempo.
“Ma quindi (non) giochiamo?”
Questa è la domanda che tutti gli sportivi (si) ripetono da mesi tornata di stringentissima attualità negli ultimi giorni con i trend di crescita dei contagi.
Ogni giorno che passa, nonostante crescano dubbi, incognite, e le stesse paure, mi convinco sempre di più che serva trovare il coraggio di giocare: dobbiamo dimostrarci capaci di poter fare tutto, ovviamente in sicurezza con regole tutte nuove, molte delle quali ancora da scrivere.
No: non si tratta in alcun modo di ritornare a fare tutto come prima. Si tratta conquistare e mantenere spazi di libertà dentro i vincoli imposti dalla pandemia. No: non si tratta di aggirare gli ostacoli. Si tratta di prendere piena consapevolezza dell’effettiva esistenza di problemi da affrontare e risolvere; di cercare e trovare soluzioni, di guardare, al netto delle enormi difficoltà, a cosa abbiamo o potremmo avere di fronte anche in termini di opportunità. Si tratta di pensare al futuro, a domani e dopo domani, a cosa e come ricostruire sulle macerie dopo questa tempesta.
Ad inizio pandemia un amico mi scrisse “se esiste qualcosa di positivo della guerra, è il dopoguerra!“. Ed è così: creiamo lo spazio per ridefinire i perimetri, le regole, le abitudini, gli attori, gli strumenti… perché questa sarà la condizione, necessaria non sufficiente, per ripianare nel tempo le voragini che questo disastro ha già prodotto e produrrà nei prossimi mesi.
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