La situazione del Comitato di Ferrara può rappresentare un interessante caso di studio. Per me, che l’ho presieduto negli ultimi 9 anni, è doppiamente importante, sia per raccontare cosa sia successo, sia per fare tesoro degli errori, molti dei quali, a mio avviso, evidenziano diversi limiti del nostro sistema e ci consegnano spunti su cosa o come dovremmo e potremmo essere.

In questo primo grafico trovate raffigurata nei numeri la storia del Comitato di Ferrara nell’arco degli ultimi 20 anni. Cosa balza agli occhi?
La discesa ripida delle entrate collegate alle attività dirette, il consolidamento delle affiliazioni e del tesseramento, l’adeguamento dei costi di struttura (personale e collaboratori) all’andamento delle attività.
Nel secondo grafico -qui sotto- trovate altri indicatori utili: primo fra tutti la dimensione complessiva del bilancio che è passato da oltre 1.600.000€ del 2008 al 1.000.000 del 2012. I risultati degli esercizi che dai piccoli attivi degli anni ’10 passato a perdite di anche 40.000€ (la perdita media degli ultimi 8 anni si aggira sui 20.000€, mediamente il 2% del bilancio complessivo) e che oggi (a maggior ragione dopo la vendita della nostra sede) rappresentano un macigno nello stato patrimoniale.

Cosa è successo a Ferrara fra il 2008 ed il 2012?
E come lo si è affrontato negli anni successivi?

La scelta strategica più importante di questi anni per il Comitato è sicuramente rappresentata dal project financing della piscina di via Beethoven. Una scelta condivisa da tutto il gruppo dirigente e costruita insieme al Regionale, avvalendosi di tutte le competenze disponibili. Nei fatti, tutte le attività dirette nella più importante piscina della Città venivano indirizzate ad una società sportiva controllata dalla UISP per far fronte agli impegni della ristrutturazione, trasferendo sulla nuova gestione anche una parte del personale dipendente del Comitato.
Cosa non ha funzionato? L’impatto della crisi economica di quegli anni (2011-12), i problemi del cantiere ed i consistenti (ed onerosi) ritardi nella riapertura dell’impianto hanno ridisegnato il piano economico e finanziario originario, inasprendo i rapporti fra i tre soci (UISP – Nuova Sportiva – l’azienda di costruzioni) che nel tempo hanno confinato la compagine più fragile e meno patrimonializzata (ossia la nostra) ai margini dell’operazione.
Negli anni successivi, più ancora dell’impatto del terremoto del 2012, ha inciso negativamente la perdita della corsistica residua nelle vecchie piscine comunali (Pastro e Bacchelli), esternalizzate dall’amministrazione comunale senza tutele per le attività storiche delle associazioni. Solo alla fine del 2018, grazie alla partnership con Kinema di Reggio Emilia, si è riconquistato uno spazio nelle piscine.
Questa lunga traversata nel deserto ha prodotto una grande diversificazione nelle attività e nelle gestioni: negli anni abbiamo partecipato a bandi per impianti comunali, aggiudicandoci il Campo Scuola (pista di atletica), il Tennis Club Giardino, il Pattinodromo Comunale, una palestra oltre al Centro Sportivo Arginone (campi di calcio); paralellamente abbiamo mantenuto o accresciuto le strutture di attività esistenti. Nulla di paragonabile per marginalità e liquidità alle attività corsistiche di nuoto.
Nella letteratura della UISP difficoltà analoghe a quelle del Comitato di Ferrara avevano già qualche precedente (sebbene in epoche molto diverse): credo sia per questo la situazione di Ferrara fu inizialmente sottovalutata e affrontata con generosi prestiti da parte del Regionale. Fra il 2012 ed il 2016 eravamo tutti persuasi che con un attenta spending-review il Comitato avrebbe presto avuto occasioni per invertire la tendenza.
A partire dal Congresso del 2016 era evidente la necessità di un ripensamento più profondo e di una strategia ben diversa, e che questa potesse contemplare -almeno per me- anche una fase di commissariamento. Nonostante l’interessamento delle Giunte Regionali e Nazionali che, oltre ad alcuni prestiti fondamentali hanno disposto anche il sostegno di alcuni dirigenti regionali sul Comitato, l’effettiva svolta è arrivata con l’interessamento di Kinema/Equipe e l’inizio della gestione della Piscina di via Pastro.
Oggi, nel rileggere la storia degli ultimi anni, mi appaiono evidenti alcune criticità di sistema ma anche modelli virtuosi da replicare laddove possibile.
- Cosa deve succedere esattamente ad un Comitato Terrioriale, oltre ad avere una striscia di oltre 7 anni di bilanci problematici per essere, se non commissariato (come ho più volte proposto), di essere politicamente attenzionato? Prestrare soldi senza un effettivo orizzonte strategico è sicuramente un errore da non ripetere (anche se qualcosa di simile mi pare sia stato ripetuto a Modena prima e ad Imola poi).
- Alle strutture Regionale e Nazionale della UISP manca una vera taskforce in grado di mettere teste e braccia in forma organizzata a disposizione del territorio. Recentemente abbiamo anche richiesto l’attivazione dell’assistenza tecnica, mentre a tutti i livelli ci si domandava in che cosa potesse effettivamente consistere.
- “Il Modello Pastro” ha invece dimostrato nei fatti come sia possibile fare sistema: analizzare insieme il contesto, giovarsi delle migliori competenze maturate da in tutt’altro comitato, capitalizzare il valore aggiunto delle relazioni e delle esperienze del territorio.
Senza alcuna pretesa di concludere qui la complessità degli accidenti, degli errori o di tutte le alternative che si sarebbero potute esplorare, la lezione che mi consegnano questi anni di grandi trasformazioni e difficoltà è principalmente una: le criticità vanno affrontate con la dovuta forza sin dal principio, in maniera chirurgica ma radicale. Per farlo servono oltre alle competenze anche autorevolezza e determinazione del gruppo dirigente, a tutti i livelli.
Ogni problema ha una o più soluzioni: quando queste appaio sgradevoli o troppo costose (magari in termini di consenso) la tendenza del nostro mondo è spesso quella di rimuoverla o rimandarla, per quanto possibile.
Il nostro sistema deve dotarsi quanto prima di nuovi strumenti per prevenire (prima) e per curare (poi), e non soltanto fra Comitati ma, sulla base dell’esperienza maturata con la pandemia, anche verso le associazioni affiliate.
ALLEGATI